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Perché tifare per la Nazionale statunitense alle Olimpiadi di Tokyo

Nazionale calcio femminile USA

Dopo avervi proposto di prestare il vostro tifo per la Nazionale australiana, quella zambiana e quella brasiliana alle incombenti Olimpiadi di Tokyo, oggi puntiamo in alto e ci chiediamo: perché dovremmo tifare per la Nazionale statunitense femminile?

Per non essere sempre quelli che non tifano per la squadra più forte per partito preso.

Ammettiamolo, capita spesso. Sappiamo essere piuttosto nazionalistici, solo in Europa abbiamo almeno quattro squadre nazionali che consideriamo acerrime nemiche. Gli Stati Uniti però non sono mai stati un problema da questo punto di vista. Loro in fondo giocano a soccer anziché football, mettono il ketchup sulla pasta e l’ananas sulla pizza, non ci impensierivano.

Poi però le donne hanno iniziato a giocare a calcio, ci hanno creduto e hanno mandato tutti a scuola. La Nazionale statunitense femminile è entrata in campo la prima volta in punta di piedi e adesso ci esce senza fare prigionieri. Il dominio assoluto di questa squadra, la sicurezza scambiata per arroganza, la determinazione fraintesa per mancanza di sportività, ha attratto nel tempo una serie di antipatie da parte dei tifosi al di là dei 50 stati, quindi è arrivato il momento di invertire la rotta.

Tifare per la Uswnt oggi significa quasi andare controcorrente. E vuol dire anche credere in una storia di rivincita, di affermazione di sé in un mondo in cui sembrava non esserci spazio per noi.

La disfatta olimpica del 2016 ancora pesa sul percorso della squadra, un ricordo da sovrascrivere nella memoria di un gruppo che ha lottato sul campo contro le avversarie tante battaglie quanto quelle che ha dovuto affrontare internamente, in primis contro la sua stessa Federazione o a volte la sua stessa allenatrice.

Sarà pure la squadra più forte al momento in attività ma la Uswnt non ha mai avuto nulla regalato, non ha mai camminato su un sentiero battuto. Ad ogni passo, ad ogni traguardo, ad ogni schiacciante vittoria, la Nazionale USA ha affrontato critiche, accuse, ostacoli, guerre intestine, e ognuna di queste lotte ha spianato la strada per chiunque seguisse i loro passi, il loro insegnamento. Perché la Uswnt non è semplicemente la squadra che vince, è la squadra che ha camminato affinché tutte le altre potessero correre.

Tifare per la Uswnt significa tifare per il movimento del calcio femminile, perché se vincono loro, vinciamo tutti.

Perché è il primo torneo importante delle sorelle Mewis insieme.

Non tifare per un lieto fine nella storia di Kristie e Samantha Mewis è come guardare “Supergirl” e sperare che Kara e Alex non vincano la guerra contro Lex Luthor.

Vi abbiamo raccontato quanto le sorelle Mewis abbiano già segnato la storia della Nazionale statunitense, diventando non solo la seconda coppia di sorelle a militare insieme nella squadra maggiore americana ma le uniche adesso a partecipare insieme a un torneo principale come le Olimpiadi.

Kristie e Sam hanno vissuto fianco a fianco ogni tappa del loro percorso in Nazionale ma ciò che più rende speciale la loro storia è che ci sono state l’una per l’altra anche quando le loro strade si sono separate. Convocata nella Uswnt per la prima volta in un periodo di transizione come il 2014, la prima esperienza di Kristie Mewis in Nazionale non ha avuto l’esito sperato, terminando purtroppo prematuramente.

E mentre Kristie non rientrava più nei piani dell’allora coach Jill Ellis, Samantha cresceva sempre di più, diventando una promessa per il futuro. Dal 2017 in poi, la più piccola delle Mewis è diventata parte integrante della Uswnt, di quella squadra che avrebbe vinto due anni dopo una delle edizioni più catartiche di Mondiali di Calcio Femminile, in Francia. E seppure lontana dal campo, Kristie era ancora lì, accanto a sua sorella per gioire dei suoi successi.

Il 2020 però è stato un anno eufemisticamente assurdo per il mondo intero. E fuori dall’“ombra” della Uswnt, come leader indiscusso di Houston Dash, Kristie Mewis brilla e la sua luce non passa inosservata. È raro che, dopo diversi anni di assenza, una calciatrice torni nell’orbita della Nazionale ma Vlatko Andonovski cambia le carte in tavola, osserva da vicino la maggiore delle Mewis e i suoi sospetti diventano conferme: Kristie Mewis merita una seconda possibilità.

Questa volta Kristie ci si aggrappa con tutte le forze e tutte le sue capacità, diventando indispensabile anche da riserva, rivelandosi meritevole anche di un posto titolare. E seppure rispetto a lei abbia collezionato più presenze e trofei con la maglia nazionale, Sam Mewis adesso guarda la sua compagna di squadra Kristie con la stessa venerazione e luce negli occhi con cui la idolatrava da bambina, con l’orgoglio di essere soltanto sua sorella.

Perché Christen Press è finalmente titolare.

La decisione di non coinvolgere più Kristie Mewis nei piani della Uswnt era apparsa fin dall’inizio definitiva e c’era ben poco da fare a riguardo. Ma Christen Press era proprio lì, per tutto il tempo. A partire dalla sua prima presenza nel 2013 in cui mette a segno una doppietta, Press non è mai più uscita dall’orbita della Nazionale, sempre presente ma mai davvero visibile. Seppure dimostrasse, nel breve tempo che le veniva concesso, di meritarne di più, Christen Press è rimasta nell’ombra per troppi anni, considerata spesso solo un supporto e mai una risorsa indispensabile. Questo almeno fino all’arrivo di Vlatko Andonovski.

Sembra quasi infatti che Andonovski avesse preso una decisione a riguardo prima ancora di sedersi in panchina. Perché fin dalla sua prima partita come guida tecnica della Uswnt, Vlatko ha concesso a Press la possibilità che non le era stata mai offerta, donandole il posto da titolare che l’attaccante aveva ampiamente meritato negli anni.

E Christen Press ha confermato in ogni singola occasione di non essere maturata improvvisamente ma di essere sempre stata la calciatrice in grado di reggere l’attacco della Uswnt. Nelle ultime 36 partite della Nazionale, Press è stata partecipe di 36 reti, tra assist e gol personali.

Christen Press è oggi con ogni probabilità l’elemento più importante della Nazionale Statunitense. Ha vissuto le Olimpiadi del 2012 da “alternate” senza medaglia, ha subito la sconfitta ai Giochi Olimpici del 2016 da riserva in una squadra confusa e disordinata. Tokyo è forse l’ultima possibilità per lei di conquistare quella medaglia d’oro che merita incondizionatamente. Se non volete tifare per la Uswnt, tifate per Christen Press.

Perché lo dobbiamo a Tobin Heath.

Onestamente, in quanto tifosi europei di calcio femminile, dobbiamo a Tobin Heath un po’ di supporto.

Heath è stata parte infatti dell’insolita migrazione di campionesse statunitensi verso l’Europa, in particolar modo in direzione Women’s Super League, messa in moto nel 2020.

Con Christen Press, Tobin Heath aveva scelto il Manchester United Women di Casey Stoney, affascinate principalmente proprio dall’allenatrice che in soli tre anni aveva portato la squadra a competere nel campionato maggiore.

Dopo sette mesi di pausa dal calcio giocato quindi, a Ottobre 2020, Tobin Heath torna in campo, in una lega diversa, in una nazione straniera e in uno stile calcistico differente da quello a cui era abituata. E ad ogni passo, Heath sembra rinascere, diventa in breve tempo un perno per il giovane Manchester United. Le calciatrici più giovani fanno tesoro della sua esperienza, le rivali più mature ed esperte subiscono il suo gioco brillante e aggressivo.

Gli eventi nel 2020 non erano stati del tutto generosi con Heath ma la sua esperienza al Manchester United sembrava ripagarla di tutti i sacrifici. Almeno fino a Gennaio 2021, quando in seguito a un infortunio alla caviglia riportato in allenamento, Tobin Heath affronta una brusca battuta d’arresto. Ma in fase di recupero e riabilitazione, la situazione peggiora quando Heath accusa un secondo infortunio, questa volta al ginocchio. Quella che sembrava solo sfortuna inizia ora a far nascere sospetti, soprattutto nel momento in cui Alessia Russo e Leah Galton affrontano la sua stessa sorte.

Heath viene richiamata immediatamente negli Stati Uniti, affinché la Uswnt potesse monitorare e gestire la sua riabilitazione, per salvaguardare la speranza di partecipare alle Olimpiadi. E nel frattempo a Manchester, l’addio di Stoney alla squadra apre un vaso di Pandora sulle condizioni che circondavano le strutture in cui il Manchester United Women conduceva gli allenamenti e la preparazione atletica.

Tobin Heath corre verso Tokyo con l’aiuto di Laura Harvey e Vlatko Andonovski crede nel suo recupero tanto da convocarla nel roster finale prima ancora che potesse tornare a giocare. Ma ancora una volta, il campo dà ragione a Vlatko e Heath riconferma la sua identità. Dopo soli 53 secondi di gioco, al suo primo tocco a distanza di sei mesi dalla sua ultima partita, Tobin Heath raccoglie un ottimo passaggio da Alex Morgan e fa partire un tiro dalla distanza angolato, preciso, chirurgico che sorprende il portiere, tocca il palo interno e si infila in rete.

A conti fatti, purtroppo, oltre i sospetti e le verità rivelate, Tobin Heath ha dato al Manchester United più di quanto abbia ricevuto in cambio e dopo aver rischiato di perdere l’opportunità di partecipare per la quarta e forse ultima volta alle Olimpiadi, adesso quella terza medaglia d’oro se la merita.

Perché se vincono, Carli Lloyd FORSE sceglie di ritirarsi.

È una possibilità remota ma va messa in conto. Più l’opinione pubblica sembra spingere Carli Lloyd alla porta e non quella con la rete, più Lloyd punta ai Mondiali del 2043. Calciatrice probabilmente più discussa del roster, guru di citazioni zen su Instagram e “nonna” della squadra, a 39 anni e con più di 300 presenze in Nazionale, Lloyd sta per affrontare la quarta edizione dei Giochi Olimpici, intenzionata a smentire ancora una volta le critiche che la circondano.

Ma chiudere la carriera con un altro trionfo e una terza medaglia d’oro intorno al collo potrebbe essere uno scenario favorevole per il futuro di Lloyd, concedendole l’occasione di ritirarsi alle sue condizioni e con record e vittorie difficilmente eguagliabili.

Perché noi italiani siamo legati a doppio filo alla Uswnt.

La Uswnt nasce in fondo in Italia. È a Jesolo, in occasione del Mundialito del 1985, che la Nazionale statunitense gioca la sua prima partita, proprio contro la Nazionale italiana femminile. La squadra era stata creata pochi giorni prima, le calciatrici avevano cucito le proprie divise la notte precedente e nessuna di loro sapeva esattamente cosa significasse giocare a calcio seriamente. Ma la loro preparazione atletica era invidiabile, la loro passione contagiosa, il coraggio innato. Quindi noi italiani cominciammo a tifare anche per loro, perché quando riconosci lo sport nella sua forma più pura, le rivalità per un momento svaniscono e resta solo l’amore per il calcio.

La Uswnt non ha mai dimenticato quel momento, portandolo con sé per tutta la sua storia in un piccolo dettaglio che precede ogni partita. Siamo quasi destinati a tifare per la Nazionale statunitense, al grido in coro di “Oosa Oosa Oosa!”.

La rosa della squadra

Portieri: Alyssa Naeher – Adrianna Franch – Jane Campbell

Difensori: Becky Sauerbrunn (C) – Abby Dahlkemper – Emily Sonnett – Tierna Davidson – Kelley O’Hara – Crystal Dunn – Casey Krueger

Centrocampiste: Julie Ertz – Rose Lavelle – Samantha Mewis – Kristie Mewis – Catarina Macario – Lindsey Horan

Attaccanti: Tobin Heath – Christen Press – Megan Rapinoe – Carli Lloyd – Alex Morgan – Lynn Williams

Lynn Williams, Catarina Macario, Casey Krueger e Jane Campbell facevano parte del gruppo delle “alternate”, riserve esterne alla rosa, ma con le nuove disposizioni sono ufficialmente giocatrici attive del roster. Prima di ogni gara però, ogni squadra dovrà comunque presentare solo 18 calciatrici disponibili.

Rita Ricchiuti
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