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L’anglo-nigeriana Ashleigh Plumptre va in Arabia Saudita

Ashleigh Plumptre è la prima calciatrice di uno dei grandi campionati europei ad andare a giocare nel campionato dell’Arabia Saudita.

Solamente nel 2023 i club sauditi hanno speso oltre 950 milioni di euro per portare in Arabia Saudita più di 30 calciatori stranieri, tra cui top player di livello assoluto come Cristiano Ronaldo, Neymar e Karim Benzema. Le squadre femminili della Saudi Women’s Premier League non hanno fatto queste spese folli, ma l’arrivo di Plumptre ha destato comunque numerose reazioni.

La calciatrice ango-nigeriana ha infatti firmato per l’Al-Ittihad dopo la scadenza del suo contratto con il Leicester City, con il quale ha ottenuto la salvezza nella Barclays Women’s Super League con una clamorosa rimonta nella seconda metà di stagione. Viste anche le buone prestazioni al mondiale con la Nigeria, sulla classe ’98 sembrava esserci l’interesse di diversi club europei, ma alla fine ha scelto di andare in Arabia.

“Grata di aver firmato per l’Al-Ittihad. Sono entusiasta di iniziare questo viaggio insieme ad alcune persone incredibili. Il mio viaggio per scoprire me stessa continua… è più del semplice calcio” ha scritto Plumptre su X/Twitter, che ha scelto la maglia numero 22.

Plumptre non è l’unica ad aver scelto l’Arabia. Come lei, infatti, in questa finestra di mercato hanno deciso di andare a giocare nella Saudi Women’s Premier League, tra le altre, anche la svedese Nor Mustafa, arrivata all’Al-Ittihad dal club scozzese Hubernian, la francese Aminata Diallo, andata all’Al-Nassar dopo la fine della sua avventura al Paris Saint-Germain, e la venezuelana Oriana Altuve, che indosserà la maglia dell’Al-Shabab dopo aver lasciato il Valencia.

La storia della Saudi Women’s Premier League

Il massimo campionato femminile saudita ha una storia piuttosto breve. I primi club femminile in Arabia sono stati il King’s United di Gedda e l’Eastern Flames in Dhahran nel 2006. Dopo la nascita di alcuni altri club a Riad e Dammam, nel 2008 è nato un primo torneo femminile, a cui hanno partecipato 7 squadre.

La prima competizione femminile organizzata dalla Saudi Arabian Football Federation risale però solamente al 2019. Nel dicembre di quell’anno, infatti, si è tenuto il Jeddah Women’s Football League, vinto dal Jeddah Eagles.

Nel febbraio 2020 la federazione ha deciso di lanciare il primo vero e proprio campionato nazionale femminile. Quindi è nata la Women’s Community Football League, un campionato con 24 squadre suddivise in gruppi in base all’area geografica. Solamente le 4 migliori squadre accedevano alla fase finale, ovvero la WFL Champions Cup. A vincere fu l’Al Hilal, quando però si chiamava ancora Challenge Sports Club. Nella stagione 2021-22, invece, ha trionfato l’Al Nassr.

La Saudi Women’s Premier League con tale nome e il format attuale è nata solamente nel 2022. Dunque l’attuale campionato prevede la partecipazione di 8 squadre che si incontrano in gare di andata e ritorno, con il calendario che va da ottobre a febbraio. La Saudi Women’s Premier League 2023-24 sarà la seconda edizione del campionato, dopo che nella prima aveva trionfato l’Al Nassr per soli 3 punti davanti all’Al Hilal.

La questione dello sportwashing

L’arrivo in Arabia Saudita di tanti calciatori di livello e ora anche di Plumptre hanno acceso il dibattito sulla questione del sportwashing. Con sportwashing si intende la pratica tramite la quale individui, gruppi, corporazioni o governi si avvalgono dello sport per recuperare una reputazione compromessa o offuscare condotte illecite.

Da alcuni anni infatti l’Arabia Saudita ha mostrato particolare interesse per il mondo del calcio (oltre che per altri sport). Ne sono esempio la Supercoppa Italiana maschile giocata nel paese saudita (2018, 2019, 2022), l’acquisto del Newcastle United nell’ottobre 2021 da parte di un consorzio di investitori sostenuto dal fondo di investimento pubblico dell’Arabia Saudita e ora anche l’arrivo di calciatori e calciatrici nel campionato. La FIFA aveva anche annunciato Visit Saudi, ente del turismo dell’Arabia Saudita, tra gli sponsor principali della FIFA Women’s World Cup 2023, ma aveva dovuto fare marcia indietro per via della reazione di proteste da parte dei paesi ospitanti (Australia e Nuova Zelanda), delle calciatrici di numerose nazionali e dei tifosi.

Le reazioni contrarie a Visit Saudi sono state dettate dalla situazione dei diritti umani in Arabia Saudita, in particolare quelli delle donne e della comunità LGBT+. Un esempio della disparità di genere è la legge per la quale solo gli uomini possono essere tutori legali e dunque le donne devono avere il permesso di un tutore maschile per viaggiare all’estero, sposarsi, sottoporsi a un intervento chirurgico e aprire un conto in banca, per fare alcuni esempi. L’omosessualità e la transessualità sono considerati immorali e la pratica omosessuale è punita illegale e può essere punita anche con la pena di morte.

In generale in Arabia molte libertà presenti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo non vengono rispettate. La libertà di espressione e di associazione sono molto limitate, con i difensori dei diritti umani e attivisti arbitrariamente detenuti, condannati al termine di processi iniqui o ridotti al silenzio.

Martina Pozzoli

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