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Coronavirus: gli scenari del calcio femminile

La data del prossimo bivio sarà quella del 4 maggio. Il campionato di calcio femminile riprenderà oppure no? Difficile dirlo adesso anche se alcuni segnali appaiono abbastanza chiari.

La FIGC tenterà tutte le strade per arrivare alla conclusione della stagione. D’altronde il calcio femminile avrebbe probabilmente più da perdere che da guadagnare da una sospensione della stagione. La salute prima di tutto ovvio, però sei giornate di campionato (oltre al recupero tra Milan e Fiorentina) e sei gare di Coppa Italia (il ritorno di tre quarti di finale, semifinali e finale) non sembrano così impossibili da riprogrammare. Semmai serviranno i tempi giusti per tornare in campo.

La Federazione Medico Sportiva Italiana ha stilato un protocollo con tutti i controlli da porre in essere inclusa la sanificazione degli impianti. Le squadre hanno richiesto almeno tre settimane per riprendere gli allenamenti a cui vanno aggiunti 14 giorni di quarantena richieste dalle giocatrici straniere che in questo periodo di emergenza sanitaria hanno fatto ritorno nei rispettivi paesi. E sono tante. Per esempio, nel caso dell’AS Roma sono rimaste in Italia Caesar e Thomas.

C’è anche il nodo stipendi: se club come per esempio Juventus, Roma e Milan hanno fatto sapere che non toccheranno le somme pattuite con le giocatrici, altri come il Napoli hanno deciso di tagliarli della metà mentre il Bari si dice molto preoccupato per la situazione corrente.
Tra l’altro le calciatrici non possono accedere alla cassa integrazione in quanto considerate dilettanti.

Un aiuto arriva senz’altro dal bonus di 600 euro che ha messo a disposizione Sport e Salute: il sussidio può essere chiesto – oltre che dai collaboratori sportivi – anche da quelle calciatrici che nel corso della stagione non abbiano compensi sportivi sopra i 10.000 euro e che non abbiano altri introiti.

Anche la questione sponsor è molto delicata, soprattutto per le società non affiliate a club professionistici maschili. Aziende locali, catene alberghiere o comunque brand legati ai settori che stanno soffrendo di più lo stop delle attività potrebbero arrivare a sospendere i pagamenti e non essere in grado di rinnovare gli accordi per la prossima stagione.

Si aggiunga il fatto che riprendere la stagione con i dettami igienico sanitari previsti farebbe aumentare di molto i costi di gestione: garantire la sanificazione degli impianti ed effettuare test ogni 4 giorni a giocatrici e staff sono impegni che solo alcuni club potrebbero permettersi.

Un aiuto importante potrebbe venire dalla cosiddetta “mutualità generale” dell’articolo 22 della Legge Melandri che destina una percentuale alla Federazione la quale potrebbe usarla (in tutto o in parte) anche per questa emergenza; tutto questo ovviamente in attesa di sapere se il decreto “salvacalcio” si occuperà anche da vicino del femminile.

Non meno importante è la questione relativa a tesseramenti, vincolo sportivo e relativi accordi economici che rimane aperta fin quando non si avranno date certe: il fatidico 30 giugno è la data in cui normalmente si conclude la stagione ma quest’anno potrebbe esserci la necessità di allungare l’anno sportivo.

Di fatto se al 30 giugno la stagione non fosse ancora conclusa ci sarebbe una deroga d’ufficio da parte della Federazione con un prolungamento del rapporto tra club e calciatrice; questo varrebbe anche per i prestiti e per gli svincoli che rimarrebbero così bloccati.
E se il campionato non riprendesse? Classifica congelata e scudetto alla Juventus? E il secondo posto in Champions? Retrocessioni e promozioni

Oppure cancelliamo tutto, come un nulla di fatto.

Sara Messina
Tiziana Pikler

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