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Intervista a Marta Carissimi: “Il calcio femminile è purezza e passione, spero resti a lungo così”

Marta Carissimi

Al termine del suo ultimo contratto con una società di calcio femminile, Marta Carissimi ha annunciato due mesi fa l’addio al calcio giocato.

Una vita passata su campi di calcio. L’esordio in Serie A è avvenuto quando era giovanissima, dopo un’infanzia passata a giocare con i maschietti. Torino, Verona, Inter, Fiorentina Milan, sono solo alcune delle squadre in cui Marta ha giocato con una parentesi anche all’estero. Un anno in Islanda, giusto il tempo di vincere una campionato e una coppa nazionale con la squadra Stjarnan.

Carissimi ha giocato e vinto con almeno tre generazioni di calciatrici e ha vissuto dall’interno quel processo di cambiamento e sviluppo che ha caratterizzato e sta caratterizzando il calcio femminile italiano.

Abbiamo intervistato Marta in esclusiva per ricordare momenti particolari ma con un focus sul futuro.

È iniziata una nuova stagione e dopo quasi 20 non ti vede ai nastri di partenza. Come vivi questa cosa?
La mia è stata una scelta consapevole, maturata nel tempo, quindi sono serena e molto curiosa di vedere questo nuovo campionato, sempre più equilibrato e competitivo.

Hai visto qualche partita nel weekend scorso? Cosa ti ha colpito o sorpreso di più?
Il format di queste prime giornate con 3 gare al sabato e 3 alla domenica, mi permette di seguirne molte, quindi ho visto giocare tutte le squadre in queste prime due giornate. Sono davvero contenta di vedere una Serie A con tante giovani italiane di qualità e prospettiva, con profili molto interessanti in ottica di nazionale.

La tua ex squadra, il Milan, si è rinforzato con alcuni acquisti mirati. Riuscirà a tenere il passo della Juventus?
Il Milan ha fatto tanti acquisti per rinforzare e ampliare la rosa per poter qualificarsi alla Champions, che lo scorso anno è sfuggita per un algoritmo, e competere per il titolo. Penso che Milan, Juventus e Fiorentina siano sullo stesso livello, ognuna con le sue caratteristiche e la sua identità.

Nella Fiorentina c’è stata una sorta di rivoluzione, via Guagni, Parisi e Mauro e sono arrivate calciatrici straniere di spessore. Tu che conosci l’ambiente che ne pensi del progetto viola?
La Fiorentina ha una storia nel calcio femminile che l’ha sempre vista tra le protagoniste. Penso che l’ingresso della nuova proprietà americana abbia dato ancora più impulso alla crescita e voglia di affermarsi, e gli acquisti di quest’anno sono una tangibile dimostrazione.

Le selezioni nazionali dell’Under 17 o Under 19 di oggi, al di là delle possibilità e delle strutture che hanno a disposizione, secondo te hanno qualcosa in più rispetto a quelle della tua generazione a livello di talento?
Oltre alle strutture e gli staff a disposizione, che sono fondamentali per la crescita, penso ci siano altri fattori che iniziano a fare la differenza ora: il bacino da cui attingere si sta ampliando, e le ragazze iniziano prima a giocare, quindi il talento può essere coltivato fin da piccole. Inoltre ci sono le rappresentative territoriale U15 che permettono di fare una prima importante selezione, e la nazionale U16 dove le ragazze iniziano a fare partite internazionali. Quindi arrivano alla nazionale U17 già giocatrici selezionate negli anni, con un bagaglio di esperienza che permette loro di affrontare le competizioni con più consapevolezza.

L’avvento dei club professionistici hanno portato crescita e sviluppo ma c’è qualcosa che oggi manca rispetto al passato?
Oggi c’è di più, non manca nulla rispetto a prima. È importante che le nuove generazioni siano consapevoli di queste opportunità, e sappiano coglierle con la stessa “fame” e determinazione di quando ci si doveva conquistare tutto. So che non sarà facile, perché l’evoluzione sociale e l’indotto economico e mediatico che cresce col svilupparsi del calcio, rischia di far perdere la percezione di determinate cose. Ora il calcio femminile è sinonimo di purezza e passione, spero siano valori che possano contraddistinguerlo il più a lungo possibile.

Qual è la partita che hai giocato che porti dentro di te con un affetto particolare?
6 maggio 2017, Stadio Franchi, Fiorentina – Tavagnacco: 2-0 e vittoria del primo, e per ora unico, scudetto. 8.000 spettatori, la festa di una città intera.

C’è invece una gara che vorresti rigiocare per cercare di cambiare il corso degli eventi?
Italia Russia Europeo 2017. Se avessimo vinto, avremmo raggiunto i quarti di finale dell’Europeo e penso che quella squadra meritasse quel traguardo.

Oltre ad esser stata una grande calciatrice, ricopri anche un ruolo manageriale nell’azienda di famiglia. Di cosa ha bisogno questo movimento per emergere definitivamente e affermarsi come lo sport di squadra più seguito in Italia tra quelli femminili?
Penso abbia bisogno di un piano strategico e del relativo tempo per crescere, affermarsi e poi consolidarsi. Un grande asset in questo senso è la delibera del consiglio Federale al professionismo dalla stagione 2022-23. Sarà importante arrivare a quell’appuntamento con un sistema strutturato, compatto e collaudato.

Secondo te è stato giusto o sbagliato fermare il campionato scorso?
Il sistema aveva dimostrato di non essere pronto per affrontare l’emergenza Covid-19, quindi è stata l’unica scelta possibile in quel momento.

Che progetti hai per il futuro?
Vorrei rimanere all’interno del calcio femminile per contribuire allo sviluppo del movimento, mettendo in campo la passione per questo sport e le competenze maturate. Negli anni abbiamo fatto diverse battaglie per raggiungere obiettivi importanti, ora spero da fuori di continuare ad aiutare concretamente il movimento a crescere e affermarsi.

Giuseppe Berardi
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