Nella giornata di ieri, un po’ a sorpresa, è arrivata la notizia dell’addio al calcio giocato di Marta Carissimi. Ad annunciarlo è stata la stessa calciatrice sui canali social. Un post dove ha ripercorso la sua avventura, iniziata su un campetto di paese, che l’ha portata in giro per il mondo con la Nazionale e nei club professionistici approdati di recente nel calcio femminile.

Marta è una delle ultime protagoniste di un calcio femminile che non c’è più. È stata interprete e protagonista di un’era, di un movimento, di un tempo che non tornerà più. Ha giocato insieme e contro calciatrici italiane che se fossero nate qualche decennio dopo, oggi definiremo star internazionali, top player, o semplicemente fuoriclasse.

Non lo dico per una battaglia generazionale. Per carità, oggi nella nostra nazionale ci sono giocatrici di indubbio valore, ma provate solo a pensare a Patrizia Panico, Melania Gabbiadini, Carolina Morace o Rita Guarino che si allenano tutti i giorni in strutture all’avanguardia e con staff tecnici e medici dedicati.

Ecco Marta Carissimi ha vissuto tutto questo, sa perfettamente da dove viene, com’era e come è cambiato il calcio femminile negli ultimi vent’anni. Io la definirei un patrimonio da tutelare, anche solo per i tanti aneddoti che potrebbe raccontarci.
A me ne ha raccontati alcuni perché ho avuto la fortuna di conoscerla. Ho tenuto con lei, l’anno scorso, appena prima dei Mondiali, una lezione alla Business School de Il Sole 24 Ore, agli studenti del master in Sport Business Management, proprio sul calcio femminile. Inutile dirvi che è stata una fuoriclasse e professionista anche in cattedra.

In meno di tre ore di viaggio, tra andata e ritorno, in macchina abbiamo chiacchierato tutto il tempo. Mi sono bastati cinque minuti per capire che avevo trovato la persona giusta per quell’evento al Sole 24 Ore. Inizialmente doveva esserci una calciatrice della Nazionale con me, ma gli organizzatori del Master hanno fissato come data dell’intervento in aula il 29 maggio, lo stesso giorno di Italia Svizzera, ultima gara delle Azzurre, prima dell’inizio della Coppa del Mondo in Francia.

Non potendo contare su una calciatrice della Nazionale, mi erano rimasti tre nomi. Una di queste era Marta Carissimi e prima ancora di decidere, ne ho parlato con alcune Azzurre per chieder loro un consiglio su chi contattare. La risposta è stata unanime, tre su tre mi hanno detto “Marta Carissimi”.

Dotata di grande personalità ma anche di uno spirito di sacrificio incredibile. Ha inseguito il suo sogno di giocare a calcio con determinazione e caparbietà. Una passione sfrenata. La stessa che ha messo negli studi e che mette quotidianamente nel suo lavoro.
Chi l’ha conosciuta a fondo non la dimentica facilmente. Ecco perchè ha ricevuto tanti messaggi da parte delle sue colleghe sui social.

Nel suo post di addio al calcio Marta ha scritto “Il calcio mi ha fatto fare esperienze che sono bagagli di vita. Ora è il momento di lasciare il calcio giocato, consapevole di aver dato tutto e con la speranza di aver lasciato qualcosa”

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Mi ricordo il campo di terra battuta del mio paese.Con le piogge invernali diventava una poltiglia di fango e per renderlo praticabile buttavano “la pula”,l’involucro del grano,pezzetti appuntiti che si infilavano ovunque e andavano via solo a primavera. Sei anni con la squadra maschile,poi il passaggio in serie A femminile col Toro.Era un mondo diverso,avevo compagne molto più grandi,le avversarie giocavano in nazionale ed erano miti per me.Io ci giocavo contro,ma a fine partita andavo a chiedere loro l’autografo. Poi il passaggio a Verona,l’Inter e l’esperienza in Islanda,a contatto con un mondo completamente diverso.Un crescendo che mi ha portato alla Fiorentina e poi al Milan. In questi club ho capito che le cose iniziavano a cambiare,che il calcio femminile iniziava ad avere più seguito e considerazione. Il centro sportivo attrezzato,staff qualificati,dirette tv,i tifosi,lo stadio…prima tutto questo era il privilegio di essere in nazionale,ora è il privilegio di essere una calciatrice. Adesso a 8 anni le bambine giocano nelle squadre femminili e non più nei campi con la “pula”. Guardano alle gesta delle giocatrici più grandi,modelli e punti di riferimento,sognando un giorno di fare la calciatrice di professione. Sono passati 23 anni e ho visto cambiare tante cose. Ci sono cose che però rimangono punti fermi,valori imprescindibili. La passione nel fare questo sport,quella che non fa fare sacrifici,ma scelte. L’ambizione di aggiungere ogni volta nuovi obiettivi e la determinazione per migliorare e raggiungerli,oltrepassando qualsiasi infortunio o ostacolo. Il rispetto per le compagne,gli avversari e tutti quelli che lavorano in questo sport,grazie ai quali il calcio femminile sta crescendo. Il calcio mi ha fatto fare esperienze che sono bagagli di vita. Ringrazio le compagne,gli staff,i club e tutti quelli che ho incontrato in questo percorso perché ognuno ha contribuito alla mia crescita. Ho appreso tanto dalle più esperte, ho fatto miei gli insegnamenti e cercato di trasmetterli a quelle più giovani. Ora è il momento di lasciare il calcio giocato, consapevole di aver dato tutto e con la speranza di aver lasciato qualcosa. #passioneinfinita

Un post condiviso da Marta Carissimi (@marta.carissimi) in data:

Cara Marta fanne tesoro di tutto ciò e aprilo alle nuove generazioni quel bagaglio. Hai lasciato molto più di qualcosa a questo sport e sono sicuro che la tua esperienza e il tuo vedere le cose sempre in modo nitido, ti permetteranno di dare ancora il tuo prezioso contributo al calcio femminile. Il movimento ne ha bisogno, le nuove calciatrici ne hanno bisogno.

Grazie mille e in bocca al lupo per tutto.

Giuseppe Berardi

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