Alison Rigaglia Calcio femminile Como Women Interviste News

Le scelte, la Serie A e la pallavolo. Intervista esclusiva ad Alison Rigaglia

“Non voglio chiamarli sacrifici, per me sono state scelte. Le rifarei? Sì, altre mille volte”.

La determinazione, la motivazione, il carattere si notano da subito nella voce di Alison Rigaglia. Attaccante, classe 1998 del Como Women originaria della provincia di Catania.

Proprio sulle sue origini scherza: “Arancina o arancino? Si dice soltanto arancino. Io però tengo molto all’alimentazione, non li mangio quasi più”. Con le lariane è stata una delle protagoniste della cavalcata della scorsa stagione per raggiungere la Serie A.

In precedenza tre anni alla San Marino Academy, con la doppia promozione dalla Serie C alla massima serie. Un viaggio, proprio come quelli che ama fare, dal passato al Capo d’Orlando, passando per il San Marino fino al presente con la maglia numero 11 del Como.

Alison, una bella stagione quella del Como, dove volete arrivare? Tu personalmente che obiettivi ti poni?

“L’obiettivo di squadra rimane quello di inizio anno: la salvezza. Il discorso è ancora aperto, sabato avremo lo scontro diretto con il Pomigliano che sarà importante per noi. Abbiamo pareggiato con grandi squadre ma la classifica dice che siamo in zona salvezza. Personalmente vorrei crescere, giorno dopo giorno, vorrei segnare il mio primo gol in Serie A. Nella prima stagione nella massima serie non ci sono riuscita e quindi sarebbe un po’ il coronamento della crescita”.

Una cavalcata storica delle lariane la scorsa stagione di cui sei stata una delle protagoniste, c’è qualche momento che ti è rimasto in mente?

“È stato uno dei campionati più belli che ho giocato, dal punto di vista delle soddisfazioni e del gioco. Non era facile e scontato. Ho imparato che bisogna crederci sempre, in ogni partita, le avversarie erano a otto punti di vantaggio a quattro giornate dalla fine. Se non ci avessimo creduto e non avessimo sempre provato a vincere ora non saremo in Serie A. Quando ho capito che ce l’avrei fatta? Quando abbiamo vinto contro il Cortefranca, dovevamo solo più vincere contro la Roma CF, ci ho creduto davvero”.

Alison Rigaglia SAMPDORIA – COMO WOMEN CALCIO FEMMINILE 2022-23 SERIE A FOTO CUSA 11-12-2022

Grandi soddisfazioni con la maglia del Como anche in questa stagione. Sei stata in campo anche a Vinovo nel pareggio contro la Juventus, a cos’hai pensato quando ce l’avete fatta? 

“Che ce l’avevamo fatta. Sono una persona positiva ed ottimista, dovevamo rifarci dall’andata perché era la prima partita e il nostro campionato non era iniziato benissimo. Non era certo la partita che volevamo fare e avevamo un sassolino nella scarpa da togliere. Noi pensiamo di giocarci ogni partita rispettando l’avversario, siamo andate lì senza presunzione ma con la voglia di provarci. Questo ci ha portato a pareggiare. Bastava crederci, anche se sul finale non vedevamo l’ora arrivasse il triplice fischio. Noi prendiamo quel punto come se fosse oro e ce l’avevamo fatta”.

C’é stata una persona che in particolare ha sempre creduto in te calcisticamente: tuo papà, che rapporto hai con lui? 

“Odio e amore (ride ndr). È la mia figura di riferimento in ogni ambito: calcistico, scolastico, personale. Lo chiamo circa tre volte al giorno e qualsiasi cosa accada è la prima persona che chiamo. Lui è stato il primo a credere nella mia carriera calcistica, se sono qui è grazie a lui. Io non volevo andare via di casa a diciotto anni, non avrei voluto lasciarli soli. A Bologna mi ci ha portata quasi di forza (ride ndr). Da lì è andata bene ed è iniziato il mio percorso. A lui devo tanto, davvero”.

Hai vestito anche la maglia del San Marino, da protagonista della doppia promozione, cosa ti ha poi spinta a lasciare le titane? 

“Ho lasciato San Marino perché sono una persona oltre che competitiva, ha bisogno sempre di nuovi stimoli. Devo sentire l’adrenalina quando gioco e mi alleno, altrimenti mi passa la voglia. Sono stati tre anni fantastici, mi sono trovata benissimo e abbiamo fatto una grande scalata. Dopo la retrocessione mi serviva uno stimolo in più, avevo bisogno di rimettermi in gioco. Sentivo che per quella maglia avevo dato tutto. Se fossi rimasta avrei mentito a me stessa perché non sarei riuscita a dare il massimo, che magari avrebbe potuto dare un’altra ragazza. Sono stati tre anni di crescita, di soddisfazioni, ma mi mancava lo stimolo per proseguire. Ho avuto molta paura quando ho lasciato San Marino. Chiedetelo a mio padre (ridr ndr), non è stata una scelta facile, ma ad oggi posso dire che è stata quella giusta. Lasciavo quello che avevo costruito, la mia zona confort, è stata una scelta coraggiosa ma ne vado davvero fiera. Il calcio ti da sempre possibilità di metterti in gioco. Il progetto del Como mi ha colpita”.

Photo LiveMedia/Lisa Guglielmi Firenze, Italy, January 17, 2021, Italian football Serie A Women match ACF Fiorentina femminile vs San Marino Academy Image shows: Alison Rigaglia (San Marino Academy) LiveMedia – World Copyright

Due stagioni fa eri in Serie A, ora ci sei ritornata, trovi delle differenze?

“Il livello si è alzato, molto. Anche le giocatrici straniere che hanno scelto la Serie A hanno contribuito. Noto anche che ci sia più seguito, da parte del pubblico. Mi fa piacere non solo per il Como ma per la crescita del movimento”.

A cosa hai pensato quando hai firmato il primo contratto da professionista?

“Il coronamento di un sogno. Da bambina un po’ lo immaginavo e poi in estate ero lì a firmare il primo contratto, con quelle dieci squadre che prendono parte al primo campionato professionistico. Questa è stata una grande soddisfazione”.

Sei una giocatrice professionista ma lavori anche nella pallavolo, cosa fai nello specificico? 

“Faccio la preparatrice atletica del Gorla Volley che milita in Serie B2. Un’esperienza inaspettata, sono alle prime armi ma ho scelto di mettermi in gioco e piano piano mi sto trovando bene. Mi piace molto quello che faccio. Mi occupo della parte di forza, lavoro in sala pesi, preparo dei piani di allenamento per le giocatrici”.

Riesci a conciliare allenamenti, studio e lavoro?

“Sì, non mi sono mai trovata a dover dire che non riesco. Mi sono sempre dovuta organizzare, fin da piccola. Ho fatto il liceo scientifico e mi allenavo a Capo D’Orlando che distava un’ora e mezza da casa mia. Quindi per forza dovevo organizzarmi, sono una persona organizzata. Così riesco a conciliare un po’ tutto. Faccio tutte attività che non mi pesano per cui riesco ad incastrarle tra loro”.

Siamo alla tua seconda stagione in Serie A, qual è la giocatrice più ostica incontrata? 

“La più ostica l’ho incontrata la scorsa partita. Contro la Roma ho giocato come terzino destro per la prima volta e ho marcato Emilie Haavi. Lei è molto veloce, tecnicamente forte, imprevedibile, completa: attacca lo spazio, rientra, crossa. Molto resistente, non si stanca mai. Mi piace molto come giocatrice e sta facendo molto bene. Mi piacciono le sfide e marcarla è stata una sfida importante”. 

Hai origini siciliane ma hai lasciato casa presto, è stato difficile? 

“Dovevo seguire il calcio o la famiglia. Se avessi scelto il calcio sarei dovuta andare via e non era per nulla vicino perché si parlava di Bologna. Se avessi scelto la famiglia sarei rimasta lì. Mi si è presentata l’occasione di andare al nord grazie a Patrizia Caccamo che mi aveva vista giocare da molto piccola e le ero piaciuta, quindi poi mi ha proposto di andare a Bologna. Inizialmente ho detto no, poi mio papà mi ha fatto cambiare idea. Mi sono iscritta all’università lì, ho fatto un anno a Bologna e due a Rimini. Non è stato facile perché non conoscevo nessuno. Ho iniziato a costruirmi nuove amicizie, per fortuna mi sono trovata bene. Ti ricrei poi una piccola famiglia fuori che non sarà mai come l’originale. So che per me non è stato facile ma penso che per loro sia ancora più difficile. Devo dire che se dopo tre mesi non torno a casa inizio a sentirne il bisogno”.

Calcio in Sicilia, un ambiente non facile con poche possibilità: hai fatto tanti sacrifici? Quali? 

“Mi dispiace che ci sia questa situazione, fosse stata diversa non avrei mai pensato di lasciare casa. Ci sono poche strutture e si investe poco nel calcio femminile. Io l’anno scorso allenavo le ragazzine dell’under 13 del Como Women e noto che molte si avvicinano al movimento. Al sud ci sono poche strutture purtroppo. Per noi era difficile, al mio ultimo anno in Sicilia eravamo in Serie B e ogni due settimane avevamo una trasferta essendo l’unica squadra dell’isola dovevamo prendere l’aereo. Un costo incredibile. Personalmente mi allenavo quattro volte, il campo da casa mia distava un’ora e mezza. Mio papà spesso mi accompagnava, si alzava alle cinque di mattina per lavorare e rientravamo all’una di notte. Il problema è che ci sono paesi in montagna, quindi spesso c’era neve o nebbia. Non li definirei sacrifici, ma scelte. Mi piaceva farlo, l’ho deciso io, ho rifiutato tante feste di compleanno, matrimoni, le discoteche non esistevano. È stata una scelta che poi mi ha portato qui, sono sicuramente felice e la rifarei altre mille volte”. 

Fuori dal campo invece, chi é Alison?

“Ci sono talmente tante cose da dire che non so da dove partire, mi vergogno (ride ndr). Mi mancano quattro esami per concludere la magistrale, sto facendo preventiva e adattata, un ramo di Scienze Motorie. Mi piacerebbe lavorare nell’ambito riabilitativo. Sono rigida sull’ambito alimentare, non mangio carne da un anno a questa parte, fa ridere perché mio papà è un macellaio. Mi piace la fotografia, mi piace disegnare. Mi piace molto cucinare, in particolare il pesce. A casa ho un cavallo, da piccola facevo equitazione ma per il calcio ho dovuto abbandonare. Amo gli animali in generale, ho anche un cane. Adoro anche viaggiare, mi piacerebbe andare in Thailandia. Leggo, non molto perché non ho molto tempo. Ho iniziato a leggere libri motivazionali, che mi hanno aiutata. Mi è piaciuto molto ‘Wabi-Sabi’ che sarebbe la bellezza dell’imperfezione. Ho letto anche quello di Kobe Bryant. Mi è piaciuto anche molto ‘Il segreto è credere in sé stessi, l’ultimo che ho letto invece è stato ‘Forse sei già felice e non lo sai’”.

Passione per il disegno, hai anche alcuni tatuaggi, quali? 

“Ne ho nove. Uno sul braccio per la mia famiglia con scritto ‘Ohana’ e le coordinate di casa. Ho la scritta sempre sul braccio ‘Be brave’, sii coraggiosa, che ho fatto il primo anno a Rimini. Ho sei triangolini con sei ragazze a cui sono molto legata del San Marino dietro ad una gamba. Dietro l’altra ho una data: 20/09/61 che sarebbe il giorno di nascita di mamma, il mese di mio fratello e l’anno di mio papà. Ho tatuato dietro al collo la scritta ‘Undici’ quando c’è stato Napoli-San Marino, mi ero infortunata all’adduttore ed ero in crisi quindi ho voluto tatuarmelo. Ho ‘Wabi-Sabi’ sulla clavicola. Sopra al gomito ho una mano che stringe due palloncini che ho disegnato io ed è il mio preferito: i palloncini rappresentano mio nonno e mio zio che non ci sono più. Infine ho la scritta ‘Alive’ sulla coscia. Una parola che mi ha rappresentata: per me bisogna sempre essere vivi, in tutto. Noi lo scorso anno abbiamo dimostrato di essere vive. Prima della partita contro il Cittadella stavamo facendo una passeggiata serale e ho visto la scritta ‘Alive’ su un cartellone pubblicitario enorme. Quello per me era un segnale, infatti da lì è cambiato tutto e siamo poi andate a vincere il campionato”.

Uno sguardo al futuro invece, che obiettivi ti poni fuori dal campo?

“Concludere la magistrale, laurearmi. Continuare a fare la preparatrice, lavorare nell’ambito sportivo. Per quello che sto studiando”.

Se tu potessi dire qualcosa alla te bambina cosa diresti? 

“Le direi di continuare su questa strada che alla fine si rivelerà quella giusta. Direi di non smettere mai di inseguire i suoi sogni, che alla fine ne varrà la pena e di credere sempre in quello che fa”.

Miriana Cardinale

Leggi anche