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Megan Rapinoe e altre 500 atlete promettono “fiera resistenza” alla legge sull’aborto del Mississippi

Megan Rapinoe

Megan Rapinoe scende in campo ma questa volta lo fa con più di 11 compagne e per una partita che vale più di un trofeo.

Al fianco di circa 500 atlete tra cui le cestiste e campionesse olimpiche Sue Bird, Diana Taurasi e Breanna Stewart, Rapinoe è tra le firmatarie di una lettera rivolta alla Corte Suprema. L’obiettivo è quello di contrastare la legge del Mississippi che vieta l’aborto dopo la 15esima settimana di gravidanza.

In relazione al caso “Dobbs contro Jackson Women’s Health Organization”, queste voci femminili dello sport si sono unite per la difesa della libertà decisionale. Non è passato poi troppo tempo dai giorni in cui si proibiva alle donne di praticare lo sport a livello agonistico e professionale con l’assurda concezione di preservarne la fertilità. Per questa ragione ora sono proprio queste atlete a lottare per “l’integrità del corpo e l’autonomia decisionale” di ogni singola donna.

L’indipendenza delle proprie scelte e il controllo sul proprio corpo sono alla base della protesta e della lettera rivolta alla Corte Suprema. Megan Rapinoe ha affermato con orgoglio di essere “onorata di aver firmato questa lettera che possa aiutare a sostenere non solo i nostri diritti costituzionali ma anche quelli delle generazioni future di atlete”.

Per la veterana della Nazionale statunitense femminile, questa battaglia sociale la riguarda in prima persona proprio in quanto donna e atleta. “Fisicamente, ci spingiamo fino al limite assoluto, è esasperante e anti-americano quindi che ci siano forze nella nostra Nazionale che cerchino di negarci il controllo sui nostri stessi corpi e che per questo incontreranno una fiera resistenza”.

Il caso legale di riferimento sarà il primo a presentarsi davanti a una Corte Suprema composta ora da una maggioranza conservatrice, appellandosi all’iconico precedente di riferimento del caso “Roe contro Wade” del 1973, che portò alla legalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti.

In una delle dichiarazioni personali, l’ex nuotatrice e campionessa olimpica Crissy Perham rivela di aver abortito dopo una gravidanza accidentale ai tempi del college pur avendo fatto uso di metodi anticoncezionali. E quell’evento le ha poi permesso di vincere il titolo nazionale e l’anno successivo di conquistare tre medaglie d’oro ai Giochi Olimpici del 1992.

La massiccia presenza di personalità del mondo dello sport femminile nel dibattito deriva proprio dalle implicazioni che questa legge potrebbe avere sulla carriera di un’atleta. La lettera invoca infatti la legge federale “Title IX” sui diritti civili che vieta la discriminazione di genere. Se una donna si ritrova obbligata a proseguire una gravidanza fino al parto, le conseguenze sulla carriera e sulle future condizioni economiche potrebbero rivelarsi distruttive. Mentre una tale imposizione non verrebbe mai perpetrata nei confronti di un uomo pur essendo ugualmente responsabile della gravidanza.

Lo sport in particolar modo rappresenta per milioni di donne la possibilità di accedere a un’istruzione e a un futuro stabile economicamente e professionalmente. Per questo motivo, Megan Rapinoe e le colleghe al suo fianco sono scese in campo per impedire che le donne vengano private di questi diritti umani fondamentali.

La lista delle firmatarie include i nomi di 26 atlete olimpiche, 73 atlete professioniste, 276 sportive universitarie e le associazioni delle giocatrici di WNBA e NWSL.

Ancora una volta Megan Rapinoe è parte di una squadra che combatte per qualcosa di più importante di una vittoria su un campo da calcio e la loro partita durerà per molto più di 90 minuti.

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