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Duttile, veloce, creativa, intervista esclusiva a Federica Cafferata

Federica Cafferata

Creatività, personalità, velocità. Tre sostantivi per descrivere Federica Cafferata, giocatrice classe 2000 originaria di Genova che nella scorsa stagione ha conquistato la salvezza con il Napoli Femminile. Quella appena terminata era la sua prima stagione in Serie A femminile, coronata dalla sua prima rete nel match contro l’Empoli.

Federica è una giocatrice duttile: può essere impiegata sia come esterno d’attacco che come terzino. Molto rapida e abile nel dribbling.

Ha studiato al liceo artistico ed è appassionata di grafica fuori dal campo, pilota anche droni permettendo a coloro che la seguono sui social network di vedere il mondo da un’altra prospettiva. Un mix di energia e solarità.

In passato ha vestito anche la maglia azzurra con la formazione Under 16 ed Under 17 allenata da Rita Guarino.

Abbiamo intervistato in esclusiva Federica Cafferata per un viaggio tra la stagione passata e i sogni, o meglio gli obiettivi, futuri.

Federica, una salvezza conquistata all’ultima giornata, che voto daresti alla tua stagione e a quella del Napoli Femminile?

“Per quanto riguarda il Napoli io darei una sufficienza perché abbiamo raggiunto la salvezza. Alla prima parte di stagione darei cinque che poi è diventato un sei e mezzo. Ci siamo dimostrate una squadra di carattere nonostante le battute d’arresto, l’ultima contro l’Hellas Verona Women. A livello personale penso di aver fatto bene, anche a detta di tanti. Penso che mi darei un sette come il mio numero di maglia (ride ndr), ma non vorrei esagerare. Sono consapevole di aver avuto una crescita, quindi significa che sono migliorata. È arrivato anche il mio primo gol in Serie A, ho fatto alcuni assist e a livello di personalità penso di aver dato una mano alla mia squadra.”

Una stagione da esordiente in Serie A ma sei stata una delle protagoniste, te lo saresti mai aspettata? 

“No, assolutamente no. Mi viene in mente un aneddoto di quando parlando con Gianluca Monti, il nostro addetto stampa, parlavo delle mie insicurezze. Arrivavo da un campionato di Serie B che avevamo vinto, ma non sul campo quindi non eravamo sicurissime. Io reputo di non aver fatto una grande stagione lo scorso anno, complici anche gli infortuni che non sono mai stati gravi ma hanno avuto una frequenza che si è rivelata determinante. Penso però che la scorsa stagione mi sia servita perché quella precedente era stata davvero fallimentare. Lo scorso è stato sicuramente un anno di rodaggio, in cui ho potuto riprendermi per partire in Serie A con la voglia di far bene, di far vedere chi fossi perché nessuno mi conosceva ma ero davvero insicura. Inizialmente mi chiedevo se avrei potuto giocare, poi partita dopo partita ho acquisito sicurezza.

C’è stato un momento preciso in questa stagione in cui hai capito che vi sareste potute salvare?

“Il nostro percorso si divide in tappe, io in realtà ci ho sempre creduto tanto, durante la stagione non ho mai pensato che potessimo retrocedere. Certo, ho avuto paura sul finale di stagione perché ce la giocavamo all’ultima giornata. Reputo che il cambio di allenatore sia stato importante per il nostro percorso e da lì ci siano stati tanti altri tasselli chiave. La vittoria contro la Pink Bari è stata la nostra prima vittoria ma non la ritengo così determinante. Secondo me è stata fondamentale la vittoria contro la Florentia San Gimignano perché era una squadra che poteva non essere alla nostra portata. È stata importante anche la partita contro l’Empoli in cui fino a due minuti dalla fine stavamo vincendo per 3-2 in rimonta e quello ci ha aiutato a livello mentale. Il mese di marzo penso sia stato fondamentale per la nostra salvezza.”

Il tuo ricordo più bello in questi due anni a Napoli?

“Nella prima stagione a Napoli il ritiro, abbiamo da subito formato un gruppo speciale. Era la mia prima esperienza fuori casa e non mi sono mai sentita triste, anzi non sentivo quasi la mia famiglia talmente stavo bene (ride ndr). Per la seconda stagione io parlerei proprio della consapevolezza che abbiamo avuto nella seconda parte dell’anno perché lavoravamo sapendo di poter vincere le partite. Certo, ci sarebbe anche la salvezza finale che è stata una grande soddisfazione ma penso sia stato sempre importante il mese di marzo. Da quel mese è derivato anche il mio primo gol in Serie A che è stata un’emozione indescrivibile.”

Tua mamma è una tifosa ed era una calciatrice. Quanto questo negli anni ti ha aiutata?

“Bella domanda. È una gran tifosa mia e del Genoa, giocava in porta perché aveva fatto una squadra con le sue amiche però mia nonna non voleva giocasse. Era felice quando io ho iniziato a giocare e infatti è sempre stata molto presente. Alla fine essendo stata una sua grande passione io credo che abbia rivisto in me tanti dei suoi sogni. Non è stato sempre facile perché è sempre stata abbastanza esigente, cercava sempre di spronarmi a fare di più. Alcune volte l’ho vissuto in maniera stressante da più piccola perché ricevere pressioni non è sempre stato facile. Devo però dire che senza quelle pressioni io penso che ora non sarei dove sono oggi. Con il tempo ha modificato questo lato del suo carattere e mi lascia molto più libera, anche se mi segue sempre.”

Ci sono moltissimi pregiudizi ancora sulle ragazze che giocano a calcio, ti è mai capitato di subire discriminazioni?

“Mi vengono in mente due aneddoti: quando giocavo nel Bogliasco i miei compagni erano come  dei fratelli e mi hanno sempre difesa a spada tratta. Un ragazzo una volta aveva fatto un commento di sfondo sessuale nei miei confronti che non ricordo precisamente ma è stato immediatamente zittito dai miei compagni. L’altro episodio che mi ricordo è successo a mio papà più che a me: lui era sugli spalti a guardare la partita e una mamma della squadra avversaria ha detto  “ma non l’hanno ancora messa incinta?” riferendosi a me che ero l’unica ragazza in una squadra di maschi ed è stato un episodio secondo me brutto. Mio papà è molto tranquillo e non ha reagito, non mi ha toccata particolarmente perché non l’ho sentito. Io stavo molto bene con la mia squadra e non mi interessava, crescendo devo dire che ci ripenso ogni tanto ma credo l’abbiano subito più i miei genitori di me. Sai quando giochi a calcio hai dovuto superare alcuni ostacoli, non è sempre stato facile. Però reputo che anche i genitori si trovino spesso a dover fare una guerra insieme a te perché lo stereotipo della ragazza che gioca a calcio c’è sempre e spesso, soprattutto da piccola, ricevevano domande sul perché giocassi proprio a calcio.”

Sei una calciatrice giovane di talento, recentemente ti hanno accostata a molte squadre, ma quali sono i tuoi sogni e obiettivi per il futuro?

“Innanzitutto ti ringrazio per il complimento. Sono felice e orgogliosa delle squadre che mi sono state accostate soprattutto nelle ultime settimane. Non mi piace parlare di sogni perché sono poco realizzabili, io parlo sempre di obiettivi. Il mio pensiero oggi è solo quello di continuare a crescere, fare bene e migliorarmi anche nella prossima stagione, è importante che io riesca a trovare continuità per confermare quello che ho fatto vedere quest’anno. Accompagnare poi le buone prestazioni personali con le vittorie di squadra è lo scopo di ogni calciatrice e di conseguenza ovviamente il pensiero alla Nazionale Maggiore è presente. Quindi questo potrebbe essere un obiettivo, sicuramente prima bisogna dimostrarsi in campo e ti dico con sincerità che ad oggi non mi sento una giocatrice che può far parte di quel gruppo. Fuori dal campo mi piace portare avanti molti progetti, creare. Mi piace farmi ispirare dai luoghi in cui sono e guardarmi attorno, da lì l’obiettivo è creare qualcosa di nuovo di sfondo artistico. Grafico, video o figurativo. Mi piacerebbe sicuramente laurearmi, ad oggi reputo di studiare ogni giorno imparando da ciò che mi circonda.”

Miriana Cardinale
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