Il calcio è un affare di famiglia. È consuetudine, soprattutto in Europa dove questo sport è forgiato a fuoco tra le nostre radici culturali, che l’amore per il calcio sia tramandato tra generazioni. Ma nonostante l’aspetto “ereditario” di questa passione, spesso si è ricercato  l’amore per il pallone solo sul cromosoma Y della discendenza. Perché in fondo Mendel lo affermava con chiarezza: al cromosoma X piace solo il rosa, la pallavolo e la scarpa col tacco. Eppure è proprio in famiglia che nasce, in Italia, quel calcio che amiamo raccontare qui. È proprio da tre sorelle che prende avvio il movimento del calcio femminile italiano. E non solo.

Le sorelle Boccalini

È nel 1933 che, tra le donne che rispondono alla rivoluzionaria chiamata di Losanna Strigaro su “Il Littoriale” per formare la prima squadra italiana di calcio femminile, emergono tre sorelle di Lodi emigrate a Milano, Rosetta, Marta e Luisa Boccalini. La missione delle 13 fondatrici del Gruppo Calcistico Femminile, finanziata dall’imprenditore livornese Ugo Cardosi, di aprire il mondo del calcio anche alle donne non è niente di meno di un’impresa rischiosa, poiché contrastava in questo modo apertamente la propaganda dittatoriale del fascismo. Le reazioni che seguono questa rivoluzione sono spietate: la stampa filofascista e cattolica attacca e ostacola la squadra. Tra pseudo ricerche scientifiche (prontamente smentite) che evidenziavano la dannosità del calcio al corpo femminile fondamentale per la procreazione, articoli intrisi di sessismo e telecronache sarcastiche delle partite disputate dal Gruppo. Ma il talento e la passione di queste donne superano ogni offesa, ogni convinzione arcaica e maschilista, e la famiglia Boccalini è al centro di questa ribellione. Marta Boccalini è presumibilmente una centrocampista; Luisa Boccalini è un terzino destro, pilastro della prima squadra; Rosetta Boccalini è invece la giocatrice di cui tutti parlano, centravanti col fiuto del gol.

Ma come se la scelta delle tre sorelle di scendere in campo non fosse abbastanza, la famiglia Boccalini si afferma anche tra le fila amministrative della squadra. Nel ruolo di commissaria del team c’è la quarta sorella, la maggiore, la Signora Barcellona, ossia Giovanna Boccalini, volto dell’identità antifascista del Gruppo Calcistico Femminile. Oltre la pionieristica importanza del ruolo amministrativo del club, la maestra socialista di Lodi non si tira indietro di fronte alla lotta al fascismo, nonostante suo marito avesse perso proprio il posto di lavoro per aver rifiutato di giurare fedeltà al partito, e la sua posizione politica non sarà mai un segreto, ma un vanto. E se le quattro sorelle Boccalini rappresentavano uno spaccato di straordinaria modernità in un tempo afflitto dalla tragica arretratezza sociale o semplicemente umana perpetrata dal fascismo, probabilmente era dovuto anche a salde radici familiari. Interrogata infatti sull’insolita strada intrapresa dalle figlie, mamma Boccalini afferma con soddisfazione che, da quando le ragazze hanno cominciato a giocare a calcio, la loro quotidianità fisica e mentale ne ha beneficiato enormemente, portando un nuovo ordine nella vita delle sorelle, motivo per cui il suo supporto alla loro avventura calcistica è incondizionato.

Il partito fascista non poteva permettere un tale affronto alla sua autorità e proprio mentre il movimento del calcio femminile fioriva in diverse parti d’Italia, il divieto per le donne di giocare a pallone diventa legge e dopo neanche un anno di vita, il sogno di queste calciatrici viene soppresso. Rosetta Boccalini però l’aveva predetto, il suo amore per questo sport, l’amore di tutte le sue compagne, non era un fuoco di paglia, non era momentaneo e non sarebbe mai tramontato.

Lorrie e Ronnie Fair

E se parliamo di pioniere del calcio e di lotte sociali per affermare la propria identità, non possiamo non approdare nuovamente in quella squadra che ha forgiato il calcio femminile moderno: la Nazionale Femminile Statunitense, che per la prima volta negli anni ’90 chiama nella sua rosa due sorelle, le gemelle asiatiche-americane Ronnie e Lorrie Fair.

Nate in California nel 1978, Lorrie e Ronnie Fair avevano seguito fin dal principio la stessa strada e la stessa vocazione sportiva, inserendosi presto nel circuito calcistico delle scuole superiori e immettendosi in seguito in due dei programmi universitari migliori del calcio femminile statunitense: la Stanford per Ronnie e l’iconica UNC di Anson Dorrance per Lorrie. Da Tar Heel, il passo per la Nazionale di Lorrie è breve: di già convocata nella squadra giovanile under-20, la prima presenza nella USWNT maggiore avviene nel 1996 ma è solo dal ’98 in poi che la sua presenza in squadra diventa costante. Lorrie va ancora al college, cresce e matura con la guida di Dorrance diventando una calciatrice versatile pur partendo con l’impostazione del difensore (il suo modello è Paolo Maldini). Grazie anche a questo nuovo set di abilità, Lorrie strappa il suo biglietto per i Mondiali del 1999, dove colleziona quattro presenze partendo dalla panchina, un traguardo importante per la calciatrice più giovane dell’iconico gruppo che riporterà il titolo mondiale negli USA. A Stanford invece, Ronnie occuperà un posto di rilievo tra le titolari delle Cardinals, anche lei nel ruolo di difensore, e dopo aver condiviso la squadra nazionale under-20 con Lorrie, la raggiungerà nel team principale nel 1997, formando così, nella gara contro l’Inghilterra di quello stesso anno, la prima coppia di sorelle a giocare insieme nella Uswnt. L’incontro è storico e rientra nel programma del Victory Tour della Nazionale USA. Lorrie parte titolare ed è proprio lei che mette in moto dalla difesa l’azione condurrà al terzo gol di Mia Hamm, il quarto per gli USA, mentre Ronnie subentrerà a Christie Pierce nella seconda frazione di gioco.

Il tempo di Ronnie in Nazionale però sarà limitato, ma giocherà con frequenza nella prima lega professionistica americana, la WUSA, in cui militerà nel New York Power e nel San Diego Spirit. La strada di Lorrie invece proseguirà per diversi anni a venire, conquistando la medaglia d’argento alle Olimpiadi del 2000, fino al ritiro nel 2005 con 120 presenze. Anche Lorrie milita nella WUSA ma indossa le maglie del Lione in Francia e del Chelsea in Gran Bretagna, diventando così la prima calciatrice americana a firmare un contratto nella Women’s Premier League. Pur costretta a lasciare il calcio giocato a causa di un infortunio al crociato nel 2008, Lorrie non ha mai abbandonato il mondo del pallone, abbracciando sempre di più il suo ruolo di ambasciatrice per la lotta per uguaglianza di genere nella realtà sportiva come nella vita di tutti i giorni. La vita di Ronnie invece non era forse davvero destinata al calcio: oggi è una stimata chirurga pediatrica. Ma l’amore per il calcio resiste ancora nel suo DNA conducendo le due sorelle nuovamente sulla stessa strada, come azioniste del gruppo di investitori di Angel City FC.

Pia e Tina Wunderlich

La piccola cittadina tedesca di Bad Berleburg ha dato i natali a una coppia di sorelle che ha vinto tanto a livello di club e di nazionale: Pia e Tina Wunderlich. Pia e Tina, rispettivamente classe ’75 e ’77, hanno vissuto praticamente una carriera parallela fin dai club giovanili: dopo 7 anni con le giovanili del TuS Schwarzenau (1982-89) e 2 in quelle del TSV Battenberg, nel 1991 hanno esordito entrambe con la prima squadra di quest’ultima. Nel 1993 Pia si è trasferita al 1.FFC Francoforte, seguita l’anno successivo da Tina. Nei 15 anni vissuti insieme con la maglia del Francoforte (Pia si è ritirata nel 2009, Tina nel 2010) hanno vinto 7 Bundesliga, 7 Coppe di Germania e, soprattutto, 3 Champions League. In nazionale hanno giocato insieme per più di 10 anni, rappresentando insieme la Germania a 2 mondiali (perdendo una finale nel 1995), a una olimpiade e all’Europeo vinto nel 2001. L’unica partita di un mondiale in cui sono effettivamente scese in campo insieme è Brasile-Germania 1-6 del 1995. 

Sabrina e Monica Flores

Entrambe o nessuna delle due”. Era questo il motto di Sabrina e Monica Flores, le due gemelle che mano nella mano avevano scelto di forgiare il loro futuro nel mondo del calcio. Classe ’96, di padre messicano e madre romena, le due giovani atlete non avevano mai abbracciato per davvero la cultura sportiva statunitense ma il calcio le colpisce entrambe con un unico colpo di fulmine. Sabrina e Monica si tuffano a capofitto nel gioco, il loro lavoro è costante e infaticabile, e i primi risultati iniziano ad arrivare quando  entrano nel programma giovanile statunitense “Olympic Development Program”, il primo passo effettivo per il futuro nel mondo del calcio femminile americano. Grazie alla loro presenza nel programma e al talento dimostrato, i reclutatori dei vari college iniziano ad avvicinarsi alle giovani Flores. Tra questi anche quelli del Notre Dame College, esattamente l’università che Sabrina e Monica speravano di frequentare per continuare a costruire il loro futuro. Al Notre Dame, le Flores vengono allenate e spinte a formare le proprie identità individuali di calciatrici pur occupando la stessa posizione in campo, e se per Sabrina il percorso appare in discesa, ottenendo presto un ruolo da difensore titolare in formazione, Monica ci arriverà superando qualche ostacolo in più, ma entrambe le sorelle vengono notate ed elogiate per il duro lavoro e per la passione per il gioco.

Notata dall’allenatore della Nazionale Messicana Under-20, a cui le gemelle potevano accedere grazie alla doppia nazionalità paterna, Monica Flores inizia a considerare di intraprendere un nuovo capitolo della sua vita indipendente da quello di sua sorella. Da sempre competitive Sabrina e Monica si ritrovano in squadre opposte e il confronto sul campo non si sarebbe fatto attendere. Nella partita inaugurale del torneo CONCACAF Under-20 del 2015, si affrontano USA e Messico e per tutti i 90 minuti della gara, le due sorelle si danno “battaglia” da avversarie, per il raggiungimento di un pareggio sofferto ma che appare forse proprio come il risultato più giusto almeno per loro. Durante i quarti di finale dei Mondiali Under-20, le due sorelle si ritrovano a dover giocare l’una contro l’altra in una partita che questa volta deve decretare un vincitore. Dopo il vantaggio iniziale della squadra messicana infatti, la resilienza tipica degli USA aveva preso il controllo del gioco, trovando prima il pareggio e, nei minuti di recupero, il gol della vittoria. Ma in quel momento, quando l’arbitro fischia tre volte, per Sabrina e Monica non ci sono vincitori e vinti, non ci sono maglie o barriere, in un periodo in cui USA e Messico vengono divisi da un muro politico, le gemelle Flores si ritrovano: Sabrina raggiunge Monica in lacrime e resta al suo fianco per consolarla.

Nel 2018 però la possibilità di giocare nella Nazionale maggiore e nuovamente accanto a sua sorella, porta Sabrina a cambiare Federazione, unendosi alla squadra messicana e tornando a casa, da Monica. 

Joanne e Kerry Millman

Joanne e Kerry Millman, rispettivamente classe 1961 e ’63, sono l’unica coppia di sorelle ad aver giocato insieme con la maglia della nazionale australiana. Nate in una famiglia numerosa, 8 tra fratelli e sorelle, Joanne e Kerry hanno iniziato a giocare a calcio proprio con i fratelli. Anche il fratello Ron sarebbe diventato calciatore negli anni ’80. Se Kerry giocava quasi esclusivamente per divertimento, Joanne era quella che sognava di indossare la maglia delle Matildas. “Jo aveva l’obiettivo [di giocare in nazionale]. Aveva la determinazione per lavorare per questo” ha raccontato Kerry. “E lei mi voleva lì con lei così come io la volevo con me”. Alla fine è stata proprio Kerry ad esordire in nazionale, nel 1981. Due anni più tardi, il 18 novembre 1983, anche Joanne scese in campo per la prima volta con la maglia delle Matildas. Per 6 anni tra il 1983 e il 1989 Joanne e Kerry hanno giocato insieme rappresentando l’Australia alla Coppa d’Oceania, al Women’s Invitation Tournament del 1984 e al FIFA Women’s Invitation Tournament del 1988. Pur avendo giocato insieme per quasi tutta la vita, ci sono state delle rare occasioni in cui le due sorelle Millman si sono incontrate da avversarie quando Joanne capitanava il Brisbane Open e Kerry il Brisbane Youth. 

Kristie e Sam Mewis

È il 68esimo minuto della partita USA-Svezia dell’Algarve Cup del 2014, è il secondo match del girone e la Nazionale Statunitense è sotto di un gol. La squadra di Tom Sermanni ha bisogno di nuove forze in campo per tentare la ripresa della gara ma la sua scelta non si vede tutti i giorni. Dalla panchina si alzano due sostitute, si posizionano sulla linea laterale accanto al quarto uomo e mostrano i nomi sulle rispettive maglie, Mewis. Non è un caso di curiosa omonimia: per la prima volta dopo 17 anni, dopo le gemelle Fair, due sorelle entrano in campo per la Nazionale Americana in una stessa partita. Per Kristie Mewis il 2014 era già il secondo anno di militanza nella squadra maggiore degli USA ma per Samantha si trattava della prima presenza in assoluto e la sua storia con quella maglia inizia proprio in quel momento unico, accanto a sua sorella maggiore, accanto a quella ragazza che era sempre stata il suo modello principale, la sua migliore amica. Dai tempi delle reti bucate in giardino e delle piante distrutte della mamma, Kristie e Sam Mewis avevano vissuto fianco a fianco ogni tappa del loro percorso da sogno nel calcio femminile statunitense, fino ad arrivare a quella partita un po’ sfortunata ma catartica, in cui hanno raggiunto il traguardo che avevano inseguito dal principio,esattamente come avevano desiderato e sognato da piccole: insieme.

Kristie e Sam sono sempre state partner nella vita, Kristie nel “ruolo” di leader in quanto maggiore e Sam desiderosa di seguire la sua scia, di farsi vedere al suo fianco. Le strade al college si dividono, con Kristie che eccelle al Boston College e Sam che invece emerge tra le Bruins della UCLA, ma si riuniscono nella “scalata” alla squadra maggiore della Nazionale, tra under 17 e under 20, in cui tornano a giocare insieme, partecipando alle competizioni mondiali dei team giovanili. L’attenzione mediatica si concentra su entrambe le Mewis proprio in quanto sorelle ma Kristie e Sam, per quanto unite, si distinguono in maniera indipendente e con talenti individuali. Nonostante siano entrambe centrocampiste, Kristie è votata all’attacco, è calma, veloce, razionale e per questo motivo letale davanti alla porta; Sam sfrutta la sua corporatura, l’altezza la rende dominante nel gioco aereo, vincente nei contrasti e potente nei tiri dalla distanza. All’inizio dell’era Ellis, la maggiore delle Mewis non rientra più nei piani della Nazionale mentre la strada di Samantha appare sempre di più in crescita. La sua personalità in campo si affina, la sua presenza diventa preponderante, il suo gioco più preciso e indispensabile in ogni zona del campo, compresa la trequarti offensiva. La giovane Mewis non rientra nei roster dei Mondiali del 2015 e delle Olimpiadi del 2016, ma dal 2017 in poi il suo posto si consolida e la conduce direttamente ai Mondiali del 2019 in cui Sam brillerà, mettendo a segno anche due gol nella partita inaugurale contro la Tailandia.

Nei club, Kristie e Sam non giocheranno mai insieme ma, dopo un giro di maglie, entrambe sembrano trovare stabilità, rispettivamente allo Houston Dash e al North Carolina Courage. E se l’ascesa di Sam è inarrestabile, nel team di Houston Kristie affronta forse un percorso di rinascita. Durante la Challenge Cup e le Fall Series infatti, Kristie si afferma come leader incontrastato della squadra, è l’anima di Houston, è onnipresente in campo e puntuale davanti alla porta, per questo Vlatko Andonovski, nuovo coach della Nazionale,  non può che richiamarla in Nazionale, riportandola in campo il 27 Novembre nella prima amichevole dopo otto mesi di pausa, contro l’Olanda. Kristie subentra a Rose Lavelle al 61esimo minuto, è rilassata, è felice, è consapevole di meritare quel grande ritorno. E lo dimostra solo nove minuti dopo quando, raccogliendo un passaggio impeccabile di Lynn Williams, sprinta in area e a tu per tu col portiere, fulmina l’estremo difensore con un rasoterra preciso che si infila all’angolo basso della rete. È il secondo gol di Kristie Mewis in Nazionale, a sei anni di distanza dal primo. La squadra la celebra come merita ma la prima a correre da lei è ancora e sempre Sam, in un momento dal sapore irripetibile.

Il 2021 si apre esattamente come il 2020 era terminato: all’insegna delle sorelle Mewis come leader della Nazionale Americana. Nella prima amichevole del nuovo anno, contro la Colombia, le sorelle Mewis dominano il campo, pur non giocando insieme, e i quattro gol che la USWNT mette a segno portano solo un nome, il loro, tre per Samantha e uno per Kristie.. Kristie e Sam celebrano e gioiscono l’una per i successi dell’altra, nessuna invidia, nessun rimpianto, mentre entrambe ora puntano a un solo obiettivo: le Olimpiadi di Tokyo. Il futuro è Mewis.

Ada e Andrine Hegerberg

Nel piccolo paesino norvegese di Sunndalsøra (meno di 5 mila abitanti), tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000 c’erano solo due bambine che giocavano a calcio: le sorelle Ada e Andrine Hegerberg. Nel 2007 la famiglia si trasferisce a Kolbotn, dove le due iniziano a giocare nella squadra locale. Dal settore giovanile del Kolbotn le sorelle passano quasi contemporaneamente alla prima squadra, per poi trasferirsi insieme prima allo Stabæk (2012) e poi al Turbine Potsdam (2013). È proprio in Germania, nel 2014, che le loro strade si separano: Ada parte in direzione Lione, Andrine inizia a girovagare per l’Europa passando da Göteborg, Birmingham, PSG e Roma. L’unica volta che si sono effettivamente affrontate in campo risale a PSG-OL 0-0 del 18 maggio 2018. Ada e Andrine, rispettivamente classe ’95 e ’93, hanno giocato fianco a fianco anche nelle nazionali Under-17, U-19, U-20 e in nazionale maggiore e insieme hanno vinto un argento all’Europeo U-19 nel 2011. Nel 2017 Ada aveva definito “un sogno che si avvera” e “qualcosa di veramente speciale” giocare insieme alla sorella in nazionale A. Ad Andrine è stato chiesto spesso come vive la rivalità con Ada e il successo della sorella minore, che, tra i tanti titoli e trofei ha vinto 5 Champions League e il primo Pallone d’Oro femminile nella storia. Nel 2020 aveva raccontato al The Guardian che questa rivalità “la uso come motivazione” perché la gelosia “non servirebbe a nessuno”. “Quando giochiamo con nostro padre, ci scherzo sempre. Se faccio un allenamento migliore del suo, dico: ‘Sono meglio di un Pallone d’Oro” ha aggiunto. “Lei [Andrine] è stata così importante per me durante la mia carriera, ci siamo supportate e incoraggiate a vicenda e il mio successo è tutto per entrambe” aveva detto l’attaccante del Lione nel 2017, quando Andrine le aveva consegnato il premio BBC Women’s Footballer of The Year.

Delphine ed Estelle Cascarino

Le sorelle Delphine ed Estelle Cascarino, classe ’97, fin da piccole erano note semplicemente come le “gemelle dell’OL”. Entrambe, infatti, hanno giocato insieme nel settore giovanile dell’Olympique Lyonnais da quando avevano 13 anni, per poi firmare il loro primo contratto da professioniste proprio con il club di Lione nel 2015. Estelle e Delphine esordiscono in prima squadra nel corso della stagione 2014-15. Nel 2016, dopo aver vinto insieme 2 campionati e una Coppa di Francia, Estelle lascia il Lione per poter giocare con più regolarità al Paris FC e poi al Bordeaux. Oltre che con la maglia dell’OL, le due gemelle hanno giocato insieme nelle giovanili della nazionale francese vincendo nel 2016 l’Europeo U-19 e perdendo la finale del Mondiale U-20. Le due hanno giocato insieme qualche volta anche in nazionale maggiore, ma non alla Coppa del Mondo 2019, dove Estelle, non convocata, ha dovuto fare il tifo dagli spalti per Delphine. La prima insieme in nazionale maggiore è stato nel raduno in preparazione all’amichevole Francia-Italia del gennaio 2018. “Abbiamo fatto insieme U16, U17, U19 e U20. È per questo che era un obiettivo e anche un sogno di poter condividere dei momenti nella nazionale A”. Da quando Estelle ha lasciato il Lione le 2 gemelle si sono affrontate più di una volta. “Non le piace giocare contro di me perché la conosco meglio di qualunque altra giocatrice” aveva raccontato Estelle, ricordando anche che una volta l’allenatore aveva spostato Delphine sul lato opposto del campo proprio per portarla via dalle “grinfie” della gemella.

In occasione della Giornata Internazionale per i diritti della Donna del 2020, Andrine Hegerberg aveva menzionato sua madre, Gerd Stolsmo, come modello e punto di riferimento per sé e per sua sorella. Negli anni Trenta, la matriarca delle Boccalini vedeva il calcio come esperienza educativa e formativa per le sue figlie. Il comune denominatore di tutte queste storie in realtà non è soltanto la sorellanza di queste atlete. Alla base di queste carriere più o meno condivise c’è una famiglia che, indipendentemente dall’epoca storica o dalla nazione di provenienza, ha sostenuto incondizionatamente il sogno di queste ragazze. I rispettivi genitori di queste “sorelle nel calcio” hanno accompagnato le loro figlie agli allenamenti, hanno tifato per loro, hanno investito nella loro passione, e l’hanno fatto senza distinzioni di genere, senza condizioni. Queste famiglie hanno insegnato alle loro figlie che potevano diventare tutto ciò che volessero essere.

Rita Ricchiuti e Martina Pozzoli
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