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Milena Bertolini e Sara Gama in conferenza stampa alla vigilia di Italia-Islanda

Lavori in corso. È la fase che stanno vivendo le azzurre, impegnate domani nell’amichevole con l’Islanda allo stadio Enzo Bearzot di Coverciano (gara in programma alle ore 16, in diretta su Rai Sport + HD).

“Cosa mi aspetto dalla partita? Il giusto approccio alla gara, una nazionale aggressiva, compatta e che si aiuta in campo”, ha risposto la ct Milena Bertolini nella conferenza stampa prepartita in diretta streaming da Coverciano. “Sarà importante verificare degli step in avanti dal punto di vista della gestione delle varie fasi della partita e l’acquisizione dei tempi di gioco”, le ha fatto eco la capitana Sara Gama, “abbiamo provato diversi movimenti tattici in settimana e dovremo capire quanto abbiamo acquisito del lavoro fatto”.

L’orizzonte è lungo. “Questa è la prima finestra Fifa dalla qualificazione all’Europeo e ne avremo anche un’altra. L’intento è quello di giocare amichevoli con squadre importanti, forti fisicamente che ci permettano di provare e sperimentare quelle giovani che si sono messe in luce nel campionato”, ha spiegato Bertolini. “La sfida è trasmettere alle nuove leve quei valori che ci contraddistinguono e la nostra mentalità, sono momenti importanti per integraci al massimo con le più giovani”, ha ammesso Gama. Cosa manca alle nuove generazioni per raggiungere quel famoso standard internazionale richiesto in nazionale? “Nulla, per loro la convocazione rappresenta un’opportunità che devono sfruttare con un approccio umile e la voglia di integrarsi in un gruppo che ha già una sua mentalità ben definita”, risponde la capitana, “anzi, direi che arrivano molto più preparate dal punto di vista fisico di come arrivavamo noi a 16 o 17 anni”. “Quello della Nazionale rimane comunque un gruppo aperto che dipende dalle indicazioni che emergono dal campionato”, ha ribadito la ct, “io ho il dovere di guardare alla carta d’identità ma, nel momento decisivo, la mia scelta non dipenderà solo da quella quanto dallo stato di forma di ciascuna calciatrice. Le giovani adesso hanno la possibilità di conoscere un ambiente nuovo e di giocare senza lo stress dei tre punti, poi tanto dipenderà dalla loro crescita”.

Orizzonte lontano, nemmeno tanto, anche in chiave di professionismo. “La Figc è, finora, l’unica federazione che ha deliberato il professionismo, una scelta che rappresenta uno spartiacque”, ha proseguito Bertolini, “per recuperare quel famoso gap gap bisogna capire quanto saremo in grado di correre e progettare il calcio delle bambine. Quello che abbiamo fatto finora non è sufficiente. Obbligare le società maschili ad avere settori giovanili femminili è stato un passo importante. Il passaggio successivo dovrebbe essere quello di obbligarle ad avere una prima squadra. Quando, però, le cose vanno imposte si trovano spesso degli escamotage per evitarle.

Ecco allora che subentra il fattore culturale: far comprendere il valore di avere una squadra femminile”. “In questo caso qualcosa manca ed è il tempo”, ha concluso Sara Gama, “per recuperare il gap con le altre nazioni dobbiamo migliorare dal punto di vista fisico oltre a quelle 70mila tesserate che ci ancora ci mancano perché, alla fine, i numeri fanno la differenza. Dal punto di vista tattico, invece, come italiane siamo già molto brave ed è l’aspetto, insieme al gruppo, che ci ha permesso di fare un grande Mondiale. Occorre il tempo, unito agli investimenti, per lavorare su tutto il resto”.

Tiziana Pikler

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