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“Lo spareggio”: il calcio femminile al centro del libro di Maurizio Baruffaldi

“Ha una figlia che mette le scarpe con i tacchetti, mentre lei non esce di casa senza i tacchi”. La contrapposizione tra chi ama il gioco del calcio femminile e chi no è chiara fin dalle prime pagine del romanzo di Maurizio Baruffaldi, dal titolo “Lo spareggio” (ed. Bookabook).

In realtà tutte le oltre 260 pagine del libro ruotano intorno alla passione per il calcio: quella interrotta, a causa di un brutto infortunio patito in età giovanile, da Gianni il protagonista maschile; quella agli esordi di Giulia, giovane promessa dal grande talento, nonché figlia di un’antica fiamma di Gianni, Simona, che invece di calcio proprio non vuol sentire parlare, tanto che solo raramente – e distrattamente – si reca ad assistere alle partite della figlia.

Dal calcio femminile a quello maschile. I due momenti clou del romanzo si svolgono in occasione di due date fondamentali per il calcio italiano, questa volta quello dei maschietti: la doppia sfida della nazionale con la Svezia che ha poi decretato la mancata partecipazione dell’Italia al Campionato del Mondo del 2018 in Russia. In occasione della partita di andata, infatti, la giovane Giulia fa il suo primo provino con una squadra femminile di prestigio come l’Atalanta, mentre il giorno della decisiva gara di ritorno si chiude il cerchio delle vicende, soprattutto extracalcistiche, dei tre protagonisti principali.

Baruffaldi, giornalista freelance milanese al suo terzo romanzo, traccia un ritratto di Giulia che probabilmente potrebbe rispecchiare la grande passione per il gioco del calcio di decine di altre ragazze della sua età. Non ci sono ostacoli tra lei e il suo sogno, tutti la incoraggiano incluso il nonno materno, il suo primo sostenitore. La ragazzina ha sulla parete della sua cameretta il poster di Cristiano Ronaldo e quando deve fisare un appuntamento non ha dubbi sul luogo dell’incontro: lo stadio di San Siro. “Per me è normale una femmina calciatrice”, dice Giulia al nonno con tutta quella “normalità” che dovrebbe avvicinare al gioco del calcio centinaia di altre bambine come lei.

Tiziana Pikler

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