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Il calcio femminile in Russia tra emancipazione, diritti e riscatto sociale

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In una società fortemente legata a tradizioni patriarcali, lo sviluppo del calcio femminile può contribuire all’emancipazione della figura femminile e al progresso sociale.
Partiti in ritardo rispetto all’Europa, i vertici del calcio russo hanno programmi ambiziosi.

La vittoria dello Zenit San Pietroburgo in Supercoppa Europea contro il Manchester United nel 2005, lanciava il calcio russo nel Gotha del panorama europeo. Gli ingenti capitali a disposizione dei magnati russi facevano presagire un rapido e florido sviluppo, ma i sogni di gloria andarono presto in frantumi.

L’introduzione del Fair Play finanziario da parte della Uefa, ridusse enormemente l’immissione di liquidità dei facoltosi presidenti. Il quadro della disfatta fu completato da un’impiantistica sportiva vetusta e obsoleta e da una governance statica e barbogia, incapace di affrontare le nuove sfide su un mercato globale.

I Mondiali del 2018 in Russia, hanno consegnato una buona prova della nazionale e alcune strutture più moderne, ma poco è cambiato sotto il profilo sportivo, visti gli scarsi risultati delle squadre russe nelle competizioni europee.

Se per il momento, si può considerare fallito il progetto di sviluppo del settore maschile, la Russia si prepara ad approntare nuovi investimenti nel settore femminile, con qualche anno di ritardo rispetto al resto d’Europa.
Polina Yumasheva, presidentessa del comitato calcistico femminile della Federcalcio Russa, la RFS (o RFU), in occasione della presentazione del programma trentennale di sviluppo, ha dichiarato di voler far capire alla gente che il “calcio femminile è bello, moderno, interessante, sincero ed emozionante”.

Il programma prevede l’aumento delle calciatrici a tutti i livelli nelle varie regioni russe; la formazione di personale tecnico qualificato; la creazione di strutture tecniche adeguate dove potersi allenare; implementare a livello globale la comunicazione, per avvicinare il maggior numero possibile di persone e sponsor. Yumasheva vorrebbe aumentare il numero delle partecipanti alla Russian Women’s Football Championship, la top league russa, dalle attuali 8 squadre a 12. Vorrebbe anche portare alla creazione di un totale di 80 squadre, suddivise in tre divisioni.

Un programma decisamente ambizioso, considerata l’attuale situazione del movimento femminile in Russia. Le storie delle calciatrici russe presentano alcuni elementi comuni tra loro: mancanza di informazione; le difficoltà nel trovare una squadra per poter giocare; la scarsità di strutture, spesso inadeguate, dove poter allenarsi e giocare; l’assenza di personale tecnico qualificato; la mancanza di spettatori nelle gare di campionato.

A completare un panorama non proprio idilliaco, c’è tutta una serie di stereotipi che affondano le radici nel Domostroj, una sorta di compendio dei valori della tradizione ortodossa e nazionalista pan-russa: dal classico “il calcio non è uno sport per donne”; alle madri che temono che il calcio rovini le proprie figlie; all’irrazionale paura che il calcio comporti l’omosessualità femminile. Basti pensare che non più di una decina d’anni or sono, alcuni calciatori professionisti russi hanno presentato una protesta formale alla Federazione, contro il calcio femminile, con l’intento di impedire il suo svolgimento.

Negli ultimi due anni qualcosa sta cambiando anche nella rigida patriarcale società russa.
Prova ne è il fatto che anche in Russia, come nel resto d’Europa, i club maschili stanno aprendo un settore femminile.
In alcuni casi si tratta di creazioni ex novo, mentre alcune società preferiscono appoggiarsi a club femminili preesistenti.

Precursore di questo nuovo interesse è stato il CSKA Mosca, che nel 2017 ha inglobato una società nata appena un anno prima, portandola immediatamente alla vittoria della Coppa di Russia. Dopo appena due anni, il CSKA si è laureato campione di Russia, vincendo l’ultima edizione del campionato.
L’esempio della squadra moscovita è stato seguito dal Lokomotiv, allenato dalla Ct della nazionale Elena Fomina. Dalla prossima stagione si presenteranno ai nastri di partenza anche il Krasnodar, che ha rilevato il Kubanochka e lo Zenit San Pietroburgo.

L’ingresso nel mondo femminile dello Zenit, che da molti è considerata la squadra più amata di Russia, può avere lo stesso effetto che ha avuto in Italia, l’ingresso della Juventus. Il presidente Alexander Medveded ha dichiarato l’intento di portare da subito il club ai vertici del campionato femminile o al più tardi in due anni.
La squadra è stata affidata all’ex calciatrice Olga Sergeevna Poryadina e si allenerà al Gazprom Training Center a Udelny Park. Per la presentazione della prima squadra è stata organizzata una grande cerimonia presso la Gazprom Arena, nell’ambito della Fan Promenade. Sono stati istituiti diversi concorsi e momenti di incontro, per permettere ai tifosi di conoscere e familiarizzare con le calciatrici.

L’edizione 2020 della RWFC è attualmente rinviata a data da destinarsi a causa dell’emergenza sanitaria mondiale legata al virus Covid 19. Il campionato femminile russo infatti non segue la calendarizzazione comune ai maggiori campionati europei, ma si svolge in un unico anno solare, da aprile a novembre, per permettere la sosta nei freddi mesi invernali. Il campionato è sempre stato abbastanza equilibrato, eccetto nell’ultima edizione, che ha visto il trionfo del CSKA. Il distacco tra la vincitrice del titolo dalla seconda è stato di ben 12 punti.

Alla prossima edizione della competizione 4 club su 8, saranno affiliati a un club maschile e sarà interessante scoprire quali nuovi equilibri si creeranno in campionato e se si creerà una forbice incolmabile tra i club affiliati al maschile e quelli non affiliati. Parlare di professionismo per le calciatrici in Russia al momento non è solo anacrostico, ma potrebbe rappresentare un vero e proprio tabù.

La squadra più titolata è la Zvezda Perm 2005 con 6 titoli nazionali e 7 Coppe di Russia. È anche la squadra ad aver ottenuto i migliori risultati in ambito europeo con lo storico secondo posto ottenuto in Champions Leauge nel 2009, alle spalle del Duisburg.

La nazionale russa al momento è ventiquattresima nel Ranking mondiale della Fifa. Alla guida della nazionale maggiore c’è Elena Fumina, in carica dal 2015 e prima donna a rivestire quest’incarico, se si esclude la breve reggenza di Vera Pauv: 5 mesi nel 2011 senza mai disputare alcun incontro ufficiale. Elena Fumina è anche l’unica allenatrice in patria che sta studiando per conseguire la licenza Uefa Pro.
La Russia è riuscita a qualificarsi ai Mondiali solamente due volte nel 1999 e nel 2003, raggiungendo i quarti di finale. Diverso il cammino ai Campionati Europei, dove ha mancato la qualificazione solo nel 2005. Difficile da dimenticare e, da digerire, la sconfitta inflitta nel 2017 alla nostra nazionale, guidata dall’allora CT Cabrini, nella prima partita del girone B.

La calciatrice più famosa e rappresentativa è Nadezhda Karpova, che milita in Spagna nelle fila del Siviglia. Dopo aver vinto la classifica capocannonieri in Russia nel 2016, Nadia si trasferisce in Spagna al Valencia. Nel 2018 il passaggio al Siviglia.

Oggi è una pedina fondamentale del club andaluso, salita agli onori della cronaca per i goal contro Barcellona e Real Madrid. La stampa russa riferisce di interessanti trame di mercato, che vedrebbero Karpova contesa da alcuni club eurpoei, fra cui Chelsea, West Ham e Roma.
In patria Nadia Karpova gode di una fama e un’attenzione eccezionale: il suo profilo Instagram è seguito da più di 116.000 fan e le principali aziende di moda e cosmesi si battono per averla come testimonial.

La Russia può vantare due arbitri internazionali Anastasia Pustovoitova ed Ekaterina Kurochkina. Anastasia Pustovoitova è molto apprezzata a livello mondiale, dando prova del suo valore non solo in Champions League, ma anche ai Mondiali di calcio in Francia. È l’unico arbitro donna a essere inserita nell’elenco per arbitrare in Professional Football League, la terza
divisione maschile russa.
Qualche anno fa è balzata alle cronache europee anche Ekaterina Kostyunina, giovane arbitro allora ventunenne, più per la sua avvenenza, che per i suoi meriti sportivi.
Lo sviluppo del calcio femminile potrebbe servire come chiave di volta per portare a compimento quel processo di emancipazione femminile da sempre rimasto incompiuto in Russia. Una sorta di grimaldello che possa scassinare quell’intricata matassa di pregiudizi, che stritola nelle sue spire le fondamenta della società russa.

La Russia si conferma nazione assai contraddittoria. Se da un lato sembra promuovere l’emancipazione della donna e la sua partecipazione attiva alla vita del paese, dall’altro incatena le figure femminile a un ruolo di comparsa, di eterna subalternità rispetto ai colleghi uomini. Anche se non è precluso alle donne di assurgere alle alte cariche dello Stato o
a posizioni lavorative di comando, la presenza femminile viene tollerata fin quando resta capace di rimanere al proprio posto e di non contestare l’autorità degli uomini. Inoltre a parità di grado e competenze, le donne percepiscono uno stipendio pari a circa il 60% di quello riservato agli uomini. Ancora oggi nella Federazione Russa è in vigore l’articolo 253 del Codice del Lavoro, che stila una lista di professioni e lavori proibiti, o soggetti a restrizioni, per le donne: sono circa 400!
La donna è fortemente discriminata anche fra le mura domestiche. Un detto che si richiama al già citato Domostroj, recita “bët, značit ljubit”, se ti picchia, ti ama. Questo per giustificare la violenza sulle donne che non dimostrano un adeguato stato di reverenza o sottomissione al pater familiae. E tale violenza viene addirittura legittimata a livello legislativo, dato che nel 2016 è stata approvata una legge che di fatto depenalizza le violenze domestiche.
La vittima non viene tutelata in alcun modo e in più deve farsi carico dell’onere di raccogliere le prove della violenza subita.

Paolo Di Padua
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L’ARTICOLO È STATO PUBBLICATO SU L FOOTBALL MAGAZINE RIVISTA INTERAMENTE DEDICATA AL CALCIO FEMMINILE

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