L’importanza per l’Italia di poter contare sul suo numero uno

“Piacere, mi chiamo Laura Giuliani e faccio il portiere.” Lo immaginiamo così l’incipit di un’intervista fatta alla numero 1 azzurra: eh si perché per lei essere una calciatrice è un vero e proprio privilegio.

Nata a Milano il 5 giugno, Laura ha 26 anni, compiuti quattro giorni prima dello storico e vincente esordio mondiale dell’Italia contro l’Australia a Valenciennes. Quattro come gli anni in cui ha assaporato per la prima volta l’emozione di calciare un pallone.

Un caso? Non di certo per una ragazza abituata ad aggrapparsi con forza e dedizione ai suoi sogni più belli.

Cresciuta a pane e calcio, colloca i suoi ricordi più gelosi nel cortile di casa dove assieme a sua sorella si divertiva a rincorrere quel pallone, che sarebbe di lì a poco diventato tutta la sua vita.

Sempre sostenuta da tutta la famiglia ed in particolar modo dal caro nonno, suo primo tifoso, Laura inizia il suo percorso sportivo a Bollate, un piccolo comune in provincia di Milano, nelle fila della S.S. La Benvenuta.

La sua prima vera esperienza è il trasferimento all’età di sedici anni al Como 2000, rivestendo il ruolo di secondo portiere.

L’amore per questo ruolo così particolare nasce all’aeroporto di Milano Malpensa, quando in procinto di partire per Tunisi incontra e scatta una foto insieme a colui che diventerà il suo idolo sportivo, Francesco Toldo, a quel tempo estremo difensore dell’Inter.

Ma Laura ha sempre saputo dentro di sé che il destino aveva tracciato per lei un percorso ben marcato che l’avrebbe portata un giorno a difendere i pali di un’intera nazione.

Dopo il suo esordio in Serie A2 contro il Trento datato 14 febbraio 2010, la carriera di Laura Giuliani viene travolta da un susseguirsi di emozioni, la stagione successiva infatti si guadagna il posto da titolare giocando tutte le gare ed incassando appena 15 reti.

La passione e soprattutto la predisposizione che da sempre le tuonavano dentro avevano finalmente trovato le proprie reali dimensioni: 7,32 metri di larghezza moltiplicate per 2,44 di altezza.

Passa solo un anno ed ecco arrivare la sua prima partita nella massima serie, il 9 ottobre 2011 contro il Tavagnacco. 

Ma Laura sa bene che il numero scritto dietro la sua maglietta è segno di grande responsabilità, la matematica infatti la costringerà sempre ad essere la prima ad entrare in campo ed a guardare le sue compagne di spalle per la maggior parte dei novanta minuti.

Proprio per questo decide di arricchire il suo bagaglio calcistico ed umano trasferendosi in Germania dove tra il 2012 ed il 2016 veste rispettivamente la casacca del Gütersloh, Herforder e Colonia, dove però peccando di iesperienza internazionale vede poco campo e molta panchina.

Ma come quella piccola vocina interiore che da piccola la spingeva ad indossare i guanti comprati insieme al papà, il richiamo della Serie A italiana non tarda ad arrivare. Laura si trasferisce nel 2017 a Torino per difendere la porta della Juventus.

Il salto di qualità è chiaro ed il periodo della maturità è stato superato a pieni voti.

Per vederla in maglia azzurra non bisogna aspettare tanto: nel 2011 veste e difende per la prima volta la maglia della Nazionale Under 19 mentre assapora le sensazioni della Nazionale maggiore nel 2014 a Vicenza contro la Spagna, match valido per le qualificazioni al Mondiale di Canada 2015.

Le sue qualità fisiche sono difficili da nascondere: 173 cm di altezza che le donano prestanza tra i pali di una porta che, al contrario di quanto dicano in molti, dietro di lei sembra disegnata a pennello.

Allo stesso tempo i suoi centimetri la limitano nell’esprimere al meglio agilità di movimento nei rapidi spostamenti avanti ed indietro nell’area piccola e laterali sulla linea di porta.

Dotata di forza esplosiva e buona capacità tecnico-coordinativa riesce a gestire bene le traiettorie provenienti da cross e tiri da fuori, respingendo sempre palla verso le zone meno pericolose dell’area di rigore o bloccandola in presa.

Questo aspetto regala all’intero reparto difensivo sicurezza e concretezza soprattutto sui calci piazzati.

Sotto l’aspetto tattico è abile a leggere le situazioni di gioco, caratteristica che unita a senso della posizione, le permette di anticipare con tempismo i lanci lunghi o le sortite offensive avversarie.

Predilige per maggior tranquillità uscite e rilanci con le mani invece che con i piedi, dove – come la grande maggioranza delle sue colleghe e colleghi – difetta tecnicamente di una certa dose di controllo del pallone.

Sarebbe però estremamente riduttivo descrivere Laura basandosi solo sulle caratteristiche oggettive sopra citate.

La sua importanza infatti risiede nel suo carisma e sicurezza nel guidare ed organizzare la linea difensiva nei vari momenti della partita come un direttore d’orchestra.

Tutto quello che fino ad ora ha mostrato in queste tre partite verrebbe di certo da lei descritto come un qualcosa di “normale”, che fa parte del suo compito e del suo ruolo, ma senza di lei la qualificazione agli ottavi di finale come primi nel girone non sarebbe stata così scontata. 

Il calcio è uno sport in cui si tenderà sempre a ricordare un gol od un dribbling con più facilità rispetto ad una parata.

Ma ad oggi chi non si stropiccerebbe gli occhi di fronte alle parate di Laura che hanno tenuto a galla l’Italia nella fondamentale vittoria contro il Belgio, all’istinto misto a tecnica che ha contrapposto al colpo di tacco di Debinha od alla praticamente perfetta copertura della porta nel rigore calciato da Kerr?! 

Capelli biondi ed occhi azzurri: potrebbe essere la perfetta rappresentazione di una principessa delle favole che ci raccontavano da bambini ed invece è la descrizione di chi una favola, quella azzurra a Francia 2019, la sta vivendo e ce la sta facendo vivere a pieni polmoni.

Perché si sa certe emozioni bisogna viverle nella loro unicità, al contrario dei treni non passano una seconda volta.

Federica Iannucci

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